Teatro:
Frate Cipolla
Decameron: sesta giornata, decima novella
A Certaldo, borgo fra Firenze e Siena, era solito andare a fare la questua, Frate Cipolla, della congregazione di sant’Antonio Abate protettore degli animali. Il frate, piccolo di statura, rosso di capelli, gioviale e amante delle compagnie, era un "ottimo parlatore" seppure non istruito.
La mattina, ai certaldesi riuniti in chiesa, promette di far vedere, nel pomeriggio, la straordinaria reliquia della penna dell’"Agnolo Gabriello", da lui persa durante "l’annunciazione" a Maria in Nazaret, naturalmente in cambio di laute elemosine.
Due giovani amici decidono di giocargli uno scherzo: rubargli la penna. Quest’ultima è custodita dal servo del frate, Guccio Balena (o Guccio Porco, o Imbratta), mal messo nell’igiene personale, negli abiti sudici e rattoppati, vanitoso e convinto quanto improbabile tombeur de femmes. Fra’ Cipolla così lo descrive: "Egli è tardo, sugliardo e bugiardo; negligente, disubidente e maldicente; trascutato, smemorato e scostumato … ".
Mentre Guccio Porco è intento a corteggiare vanamente la Nuta, servetta "grassa e grossa … con un paio di poppe che parean due ceston de letame ", i due amici burloni sostituiscono la penna (di pappagallo, ma ancora sconosciuta agli abitanti della campagna) con dei carboni.
(continua)
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